LUCE NELLA TERRA DI NESSUNO 
Continuiamo il percorso quaresimale ed oggi incontria
mo colui che, cieco dalla nascita, ha visto la luce grazie all’in
contro con Gesù. Domandiamoci subito: dove avviene tutto 
questo? Ripercorrendo il brano evangelico ci rendiamo conto 
che non sono molte le indicazione geografiche date con 
precisione. Dov'è che Gesù, passando, vede questo cieco? Do
ve sono dette le molte parole che ascoltiamo in questo capito
lo? Nulla è specificato, anche se i riferimenti evangelici fanno 
capire che siamo a Gerusalemme.
Ma potremmo essere, per certi versi, in una qualsiasi 
altra città e in qualsiasi luogo anonimo: il terminal di un 
aeroporto, i corridoi di un centro commerciale, l'atrio di una 
grande stazione ferroviaria... Le parole si sovrappongono, in
dividui e gruppi si incrociano in centri di interesse effimeri e 
mutevoli; quasi tutti sono in movimento, ma l'insieme degli 
spostamenti appare privo di un senso afferrabile.
Sembra che ci sia una relazione tra l'incapacità di “ve
dere” (a vari livelli di senso, secondo il modo di narrare tipico 
del quarto evangelista) e questa "mancanza di luogo". In al
tre parole, l’evangelista ci dice che è proprio la cecità inte
riore a creare una sorta di "terra di nessuno", dove non 
si sa bene “come” e “dove” indirizzare i propri passi.
Gesù è luce del mondo; illumina e manifesta: «Passando, vide  un uomo cieco dalla nascita...»  (9,1); un cieco 
che, forse, faceva parte del "paesaggio", e che nessuno vede
va più, in questo luogo anonimo. Ma lo sguardo di Gesù cerca 
il particolare, vuol far uscire dall'anonimato , apre lo 
sguardo sulla storia della persona, perché in essa l'opera di 
Dio può manifestarsi: e non importa che questo avvenga in 
un “non-luogo” riempito di chiacchiere confuse.
Anche nel nostro tempo il chiacchiericcio confuso e di
spersivo fa sì che le zone d’ombre e quelle di luce non siano 
sempre così distinte come vorremmo. L'importante sarebbe 
non perdere l'appuntamento con la domanda decisiva: 
«Tu, credi nel Figlio dell'uomo?». La quaresima ci illumina per 
poter dire anche noi la notte di Pasqua: «Credo, Signore!» 
 
 
 
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