ELEMOSINA O INTEGRAZIONE?
 Conosciamo tutti il dissenso che si è elevato alto, nelle 
nostre zone, di fronte alle ipotesi di sistemare diversamente 
chi alloggia nei campi nomadi. Sperimentiamo di persona anche il disagio nell’incontrare, per strada o all’uscita delle chiese, gente che chiede l’elemosina. E’ vero: ci prende un moto 
di stizza, ma è doveroso riflettere su questa situazione. Se 
non altro per tenerla nella sua debita considerazione.
Mi piace perciò riportare qualche frase di don Vinicio 
Albanesi, un sacerdote marchigiano, presidente della Comunità di Capodarco, un'associazione senza fini di lucro 
impegnata nell’accoglienza di persone in condizione di grave 
disagio.
Sulla rivista “Settimana” del 5/1/2014 egli afferma: 
Di fronte a queste situazioni “La prima reazione è quella del disagio, perché ti indispettiscono . Hai i tuoi pensieri, le 
tue cose da fare e qualcuno disturba senza permesso. Poi 
rifletti se è giusto o no dare qualcosa. C'è chi ha sostenuto 
che non bisogna dar nulla per non aggravare la situazione di 
persone, quasi sempre schiavizzate da organizzazioni criminali. C'è, invece, chi offre sempre qualcosa, anche solo
dieci o venti centesimi….  
L'impegno vero è quello di affrontare, per quanto 
possibile,  il problema . Difficile. Popolazioni rom e sinti 
girano per l'Europa, senza  che  nessuno le  accolga. 
Eppure hanno  diritto a vivere, e anche dignitosamente. È 
una battaglia  dif ficile  perché  la  loro  cult ura  è  radicata nel vagabondaggio e in una grande apatia che impedisce l'integrazione. La classica  situazione del cane che si 
morde la coda. A  scarsi tentativi di integrazione risponde la 
vecchia  logica  della  sopravvivenza:  né,  all'interno 
dei loro mondi, tutto è legale e  moralment e  accettabile . Il  primo  passo  doveroso lo facciano coloro che vivono in condizioni migliori delle loro, coinvolgendo i 
paesi che sono interessati alla presenza nei  propri territori. È indispensabile un piano di alto  respiro che 
attivi un vero lavoro di integrazione,  partendo magari 
dai più piccoli ”.
Con un lavoro serio si vedono i frutti.
 
 
 
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