"In cammino" in prima pagina questa settimana.

Diventare cristiani: senz’altro è molto di più che ricevere dei sacramenti; molto di più che essere intrisi di una vaga religiosità. Si tratta, ce lo diceva già nel 1970 il documento sul “Rinnovamento della catechesi”, di acquisire la stessa mentalità di Gesù, per imparare a pensare, ad agire a vivere come Lui, la comunione con Dio Padre e i nostri fratelli. Diventare cristiani a Lucca: guardare alla realtà che ci circonda con lo stesso atteggiamento di Gesù è qualcosa che non si improvvisa: chiede una decisione, un percorso, un accompagnamento. Infatti si diventa cristiani progressivamente, a stretto contatto con le altre persone che, conoscendo il messaggio di Cristo, si sono lasciate attrarre da lui e hanno deciso di seguirlo. Sono i cristiani radicati in un territorio coloro che ci “narrano” la loro esperienza e ci aiutano ad entrare in quella realtà che noi chiamiamo “Chiesa” e “comunità parrocchiale”. Essere cristiani a Lucca non è lo stesso che esserlo a Roma o in Sudan. 
Con i catechisti ed altri operatori pastorali stiamo riflettendo da qualche tempo su questa realtà. Lo facciamo per capire meglio il cammino che abbiamo alle spalle, ma soprattutto per comprendere quale debba essere il nostro impegno per il futuro. Appare sempre di più, dunque, che non basta più una socializzazione religiosa che offra un quadro di riferimento generale: è urgente un annuncio che coinvolga personalmente. Da “lingua madre” il cristianesimo è divenuto “lingua straniera”. Fino a qualche decennio fa l’essere cristiani era come imparare la lingua materna che avvolgeva ogni ambito; per molte famiglie, ora, la dimensione cristiana è qualcosa di “straniero” o semplicemente assente. 
Cosa fare allora? Cosa dire? Come delle stelle che illuminano il cammino ecco alcuni punti di riferimento. 
- Accogliere le persone con simpatia sapiente 
- Offrire la parola buona del Vangelo, detta a partire dalle esperienze di vita della gente 
- Tutto questo in vista di un ri-cominciamento della fede non più segno di abitudine, ma della libertà e della grazia.

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