Questo quadro fu dipinto nel XVIII secolo da un autore purtroppo a noi rimasto sconosciuto che qui
ritrasse S. Andrea Avellino: il santo, nato a Castronovo (PZ) col nome di Lancellotto, si dedicò agli
studi giuridici e dopo aver frequentato gli esercizi spirituali del gesuita padre Diego Lainez, che
costituirono il momento della sua vera conversione, decise di vivere lottando contro i moti istintivi
della propria volontà e cercando di fare ogni giorno un passo nella via della perfezione.
Nel 1545
fu ordinato sacerdote e nel 1556, cambiando il suo nome in Andrea in onore dell'Apostolo, entrò a
Napoli nell'Ordine dei Chierici Regolari Teatini, un ordine fondato nel XVI secolo da San Gaetano
Thiene e Gian Pietro Carafa con lo scopo di riportare il clero alla vita apostolica autentica.
Dopo
essersi dedicato a profondi studi teologici e all'insegnamento ai novizi, S. Carlo Borromeo nel 1570
lo volle a Milano per aiutarlo nella riforma della chiesa ambrosiana, secondo gli esiti del concilio di
Trento. Ritornato a Napoli, si adoperò per pacificare i tumulti scoppiati nel 1585 e mise a
disposizione dei bisognosi le risorse della sua famiglia religiosa.
Il dipinto raffigura il momento della sua morte, avvenuta il 10 dicembre del 1608 mentre si
apprestava a celebrare la messa.
La composizione sapiente ed equilibrata, è caratterizzata da forti
chiaroscuri, con una luce che proviene dall'alto. A sinistra c'è il santo, con indosso gli abiti
sacerdotali, mentre sviene, sorretto da una persona; dalla parte opposta l'altare con sopra il Vangelo:
la Mensa e la Parola. Al centro in basso un officiante viene incontro ad Andrea porgendo una croce
e alzando il palmo della mano come a calmare l'ansia di chi sorregge il santo e a dare un'ultima
benedizione. L'espressione è serena, sa che Andrea sta andando incontro a Dio.
Lo sfondo, a tinte cupe, riesce a fondere insieme l'ambiente reale della chiesa in cui si svolge la
scena con quello della visione mistica di Andrea morente. Si vede, infatti, al posto delle pareti e del
tetto dell'edificio un cielo popolato da angeli: il paradiso che si apre per accogliere il santo. Gli
angeli, infatti, si dispongono ai lati lasciando al centro uno spazio, come per far posto a S. Andrea
Avellino, un uomo che a vissuto la sua vita per diventare un uomo migliore, e far diventare il
mondo in cui viveva un posto migliore, insegnando, non solo a parole ma con il suo esempio, ad
essere “operatori di pace” e a ricercare Dio.
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