L’ASSENTE-PRESENTE
A volte siamo testimoni di avvenimenti importanti nel cammino della storia e ci sentiamo come smarriti rendendoci conto che, solo quando saremo più sereni potremo comprenderli appieno.
Le dimissioni del papa, ad esempio, sono state un evento storico di grande portata. Tutti abbiamo pregato
all’annuncio delle dimissioni e poi, il 28 febbraio, abbiamo, accompagnato Benedetto XVI che, benedicendo, salutava e saliva sull’ elicottero per Castel Gandolfo. I nostri sguardi seguivano il volo dell'elicottero come si segue con gli occhi e col cuore una persona amata che parte. Nonostante la
commozione sapevamo però che Benedetto non ha abbandonato il popolo affidatogli; la sua presenza resta quella «dell'umile operaio nella vigna del Signore» che intercede per il bene della Chiesa.
Queste considerazioni ci riportano nel cuore della festa di oggi: l'Ascensione. Gesù fa capire che esiste un modo diverso di vivere la presenza, anche se ci si allontana da luoghi, persone o ministeri.
Ascoltiamo le parole di Benedetto XVI che così si esprime: «Lui, il Risorto, l’innalzato alla destra di Dio, non è, forse, di conseguenza, del tutto assente? O è, invece, in qualche modo raggiungibile? Possiamo noi inoltrarci fino "alla destra del Padre?". Esiste, tuttavia, nell'assenza anche una reale presenza? Non viene forse a noi in un ultimo giorno non noto? Può venire anche oggi?».
Il vangelo odierno ci guida e ci risponde. Infatti: Gesù, prima di ascendere in cielo, dice ai suoi discepoli: «Così è scritto» e torna sulla sua passione, sulla sua risurrezione dai morti, sulla missione affidata ai discepoli di predicare nel suo nome la conversione e il perdono dei peccati a tutti i popoli, sulla promessa dello Spirito che li rivestirà di potenza. Poi, “verso Betania”, Gesù benedice i suoi, si stacca da loro e viene portato su in cielo. I discepoli tornano a Gerusalemme «con grande gioia». Perché? Perché Gesù sale
al cielo benedicendo «e, nella benedizione, Egli rimane. Le sue mani restano stese su questo mondo» (id.).
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A volte siamo testimoni di avvenimenti importanti nel cammino della storia e ci sentiamo come smarriti rendendoci conto che, solo quando saremo più sereni potremo comprenderli appieno.
Le dimissioni del papa, ad esempio, sono state un evento storico di grande portata. Tutti abbiamo pregato
all’annuncio delle dimissioni e poi, il 28 febbraio, abbiamo, accompagnato Benedetto XVI che, benedicendo, salutava e saliva sull’ elicottero per Castel Gandolfo. I nostri sguardi seguivano il volo dell'elicottero come si segue con gli occhi e col cuore una persona amata che parte. Nonostante la
commozione sapevamo però che Benedetto non ha abbandonato il popolo affidatogli; la sua presenza resta quella «dell'umile operaio nella vigna del Signore» che intercede per il bene della Chiesa.
Queste considerazioni ci riportano nel cuore della festa di oggi: l'Ascensione. Gesù fa capire che esiste un modo diverso di vivere la presenza, anche se ci si allontana da luoghi, persone o ministeri.
Ascoltiamo le parole di Benedetto XVI che così si esprime: «Lui, il Risorto, l’innalzato alla destra di Dio, non è, forse, di conseguenza, del tutto assente? O è, invece, in qualche modo raggiungibile? Possiamo noi inoltrarci fino "alla destra del Padre?". Esiste, tuttavia, nell'assenza anche una reale presenza? Non viene forse a noi in un ultimo giorno non noto? Può venire anche oggi?».
Il vangelo odierno ci guida e ci risponde. Infatti: Gesù, prima di ascendere in cielo, dice ai suoi discepoli: «Così è scritto» e torna sulla sua passione, sulla sua risurrezione dai morti, sulla missione affidata ai discepoli di predicare nel suo nome la conversione e il perdono dei peccati a tutti i popoli, sulla promessa dello Spirito che li rivestirà di potenza. Poi, “verso Betania”, Gesù benedice i suoi, si stacca da loro e viene portato su in cielo. I discepoli tornano a Gerusalemme «con grande gioia». Perché? Perché Gesù sale
al cielo benedicendo «e, nella benedizione, Egli rimane. Le sue mani restano stese su questo mondo» (id.).
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