QUALE SALVEZZA
Celebrando la Settimana Santa ci domandiamo in quale maniera possiamo parlare della “salvezza” che ci è stata donata. Vediamo Gesù processato, condannato, messo a morte: era proprio questo ciò che era iscritto nella sua chiamata, quando al Giordano e poi sul monte della trasfigurazione una voce lo aveva indicato come il Figlio prediletto?
Gesù conclude la sua vita senza lasciare un seguito visibile, o masse in movimento con il fuoco di una contestazione che inchiodasse l'Israele infedele. Gesù manda a dire che lascia dietro di sé la sua misericordia nei confronti di quelle decine di uomini guariti e liberati dal suo passaggio.
Nell'orto degli ulivi, poi, sente il morso di una morte resa più bruciante dall'apparente sconfitta, dall'insignificanza e marginalità della sua vicenda. Bisogna attendere quel «primo giorno della settimana», il giorno dopo il sabato, per comprendere il senso degli eventi, per capire che Dio aveva visitato l'uomo non col rispondere alle loro attese, ma donando ciò che non sapevano attendere e desiderare. La tomba vuota e poi le apparizioni danno senso a quegli avvenimenti segnati dalla s c o n f i t t a e d a l disorientamento.
Tutto questo porta a riflettere. Tante esperienze coniugali, tante storie familiari, magari cominciate con entusiasmo, con attese di prosperità e di successo per sé e per i figli, finiscono spesso per conoscere l’agonia delle sconfitte quotidiane, delle sofferenze legate a malattie, incomprensioni, scelte sbagliate, problemi economici. E sembrano segnate dalla sconfitta e dal non senso.
Nell'orto degli ulivi Gesù invoca il Padre, che rimane muto. Ma il Padre si manifesta nella decisione con la quale Gesù si rialza. Ha mandato il suo Spirito per sostenere la determinazione del Figlio. Così è per noi. Nel momento del dolore impariamo tutti a ritrovare la presenza del Padre muto, nella nostra decisione di andare comunque avanti, di essere fedeli a esigenze ardue e a giorni senza futuro. È la nostra fedeltà il testimone della presenza stessa dello Spirito nel nostro cammino. Lo Spirito in noi tiene accesa la speranza.
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Celebrando la Settimana Santa ci domandiamo in quale maniera possiamo parlare della “salvezza” che ci è stata donata. Vediamo Gesù processato, condannato, messo a morte: era proprio questo ciò che era iscritto nella sua chiamata, quando al Giordano e poi sul monte della trasfigurazione una voce lo aveva indicato come il Figlio prediletto?
Gesù conclude la sua vita senza lasciare un seguito visibile, o masse in movimento con il fuoco di una contestazione che inchiodasse l'Israele infedele. Gesù manda a dire che lascia dietro di sé la sua misericordia nei confronti di quelle decine di uomini guariti e liberati dal suo passaggio.
Nell'orto degli ulivi, poi, sente il morso di una morte resa più bruciante dall'apparente sconfitta, dall'insignificanza e marginalità della sua vicenda. Bisogna attendere quel «primo giorno della settimana», il giorno dopo il sabato, per comprendere il senso degli eventi, per capire che Dio aveva visitato l'uomo non col rispondere alle loro attese, ma donando ciò che non sapevano attendere e desiderare. La tomba vuota e poi le apparizioni danno senso a quegli avvenimenti segnati dalla s c o n f i t t a e d a l disorientamento.
Tutto questo porta a riflettere. Tante esperienze coniugali, tante storie familiari, magari cominciate con entusiasmo, con attese di prosperità e di successo per sé e per i figli, finiscono spesso per conoscere l’agonia delle sconfitte quotidiane, delle sofferenze legate a malattie, incomprensioni, scelte sbagliate, problemi economici. E sembrano segnate dalla sconfitta e dal non senso.
Nell'orto degli ulivi Gesù invoca il Padre, che rimane muto. Ma il Padre si manifesta nella decisione con la quale Gesù si rialza. Ha mandato il suo Spirito per sostenere la determinazione del Figlio. Così è per noi. Nel momento del dolore impariamo tutti a ritrovare la presenza del Padre muto, nella nostra decisione di andare comunque avanti, di essere fedeli a esigenze ardue e a giorni senza futuro. È la nostra fedeltà il testimone della presenza stessa dello Spirito nel nostro cammino. Lo Spirito in noi tiene accesa la speranza.
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