UNA DOMANDA CHE IMPEGNA LA VITA
Il vangelo di Marco segna il percorso di chi vuol essere discepolo di Gesù Cristo, cioè cristiano. In quest’ottica, con la pagina che questa domenica viene proclamata, giungiamo al “dunque”. Non basta infatti aver conosciuto Cristo e rimanere entusiasti per la sua vicinanza. E’ troppo poco sentir parlare di lui “per sentito dire”. Arriva il momento, prima o poi nella propria esistenza, in cui ciascuno sente risuonare dentro di sé, prepotentemente, la domanda rivolta agli apostoli: “Voi chi dite che io sia?”. L’opinione della gente, pur interessante, non fa giungere alla conclusione e rischia di relegare Gesù ad un personaggio del passato, senza presa e senza mordente. Così ciascuno di noi è chiamato in causa: “PER TE, CHI SONO IO?”. E’ come dire: “QUANTO VALGO PER TE?”
Sì; perché di Gesù Cristo se ne può parlare, soprattutto si può dire di “credere” in lui, solo se ha peso e significato per la vita e per le scelte quotidiane; si può narrare di Lui solo in conseguenza di una scelta compiuta dapprima in modo quasi inespresso e poi, via via, sempre più chiara; una scelta che conduce a cambiare orientamento e stile di vita.
Chi ha avuto la fortuna di incontrarlo in questo modo riconosce che la fede è un “affare di cuore” e non solamente speculazione razionale. Sa anche quale gioia derivi dal sen- tirsi legato a Lui, nel vivere quotidianamente come suoi di- scepoli, nel coltivare un rapporto intimo e personale per poi schiudersi nell’aprirsi agli altri contribuendo a rendere la Chiesa presente ed operosa nel mondo.
Non sempre è facile riconoscere che Gesù è il Cristo nella feriale quotidianità dell’esistenza. Ci sono i giorni in cui il cammino si fa tortuoso e il percorso meno lineare; avviene che le strade percorse presentano un bivio dopo l’altro e non è facile scegliere; si incontrano le avversità che emergono dal profondo di noi stessi, rese più forti dal facile applauso dei circostanti. Vorremmo ritagliarci un Gesù a nostra misura: vit- torioso, potente, accondiscendente e, soprattutto, gratificante. E, quasi, giungiamo a “rimproverare” il Signore. Ma lui ridimensiona il nostro vivere. Chiede di seguirlo. Sempre.
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Il vangelo di Marco segna il percorso di chi vuol essere discepolo di Gesù Cristo, cioè cristiano. In quest’ottica, con la pagina che questa domenica viene proclamata, giungiamo al “dunque”. Non basta infatti aver conosciuto Cristo e rimanere entusiasti per la sua vicinanza. E’ troppo poco sentir parlare di lui “per sentito dire”. Arriva il momento, prima o poi nella propria esistenza, in cui ciascuno sente risuonare dentro di sé, prepotentemente, la domanda rivolta agli apostoli: “Voi chi dite che io sia?”. L’opinione della gente, pur interessante, non fa giungere alla conclusione e rischia di relegare Gesù ad un personaggio del passato, senza presa e senza mordente. Così ciascuno di noi è chiamato in causa: “PER TE, CHI SONO IO?”. E’ come dire: “QUANTO VALGO PER TE?”
Sì; perché di Gesù Cristo se ne può parlare, soprattutto si può dire di “credere” in lui, solo se ha peso e significato per la vita e per le scelte quotidiane; si può narrare di Lui solo in conseguenza di una scelta compiuta dapprima in modo quasi inespresso e poi, via via, sempre più chiara; una scelta che conduce a cambiare orientamento e stile di vita.
Chi ha avuto la fortuna di incontrarlo in questo modo riconosce che la fede è un “affare di cuore” e non solamente speculazione razionale. Sa anche quale gioia derivi dal sen- tirsi legato a Lui, nel vivere quotidianamente come suoi di- scepoli, nel coltivare un rapporto intimo e personale per poi schiudersi nell’aprirsi agli altri contribuendo a rendere la Chiesa presente ed operosa nel mondo.
Non sempre è facile riconoscere che Gesù è il Cristo nella feriale quotidianità dell’esistenza. Ci sono i giorni in cui il cammino si fa tortuoso e il percorso meno lineare; avviene che le strade percorse presentano un bivio dopo l’altro e non è facile scegliere; si incontrano le avversità che emergono dal profondo di noi stessi, rese più forti dal facile applauso dei circostanti. Vorremmo ritagliarci un Gesù a nostra misura: vit- torioso, potente, accondiscendente e, soprattutto, gratificante. E, quasi, giungiamo a “rimproverare” il Signore. Ma lui ridimensiona il nostro vivere. Chiede di seguirlo. Sempre.
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