IL PERCORSO DI TOMMASO
Nella seconda domenica di pasqua noi veniamo invitati a compiere lo stesso percorso di Tommaso per
passare dall'incredulità alla fede, dal bisogno di vedere e di toccare al riconoscimento di quella relazione unica
che ci lega a Gesù.
Dobbiamo dirlo subito: Tommaso non corrisponde affatto a quella "macchietta" che ne ha fatto la tradizione popolare. La sua "fatica" nasce dal dramma che ha vissuto e del quale non riesce a rendersi ragione.
La gioia degli altri apostoli contrasta con il suo atteggiamento, forse perché egli porta ancora le ferite, le sofferenze, il dolore di quel venerdì che non può dimenticare: il Maestro catturato e condannato, flagellato
e inchiodato alla croce, morto dopo una breve agonia e deposto in un sepolcro.
Tutto questo non può essere rimpiazzato da una gioia che sembra quasi cancellare il dramma che è appena accaduto.
In definitiva, Tommaso non vuole essere vittima di abbagli e non vuole cadere in un'illusione che lascerà
poi il posto ad una delusione ancora più cocente. Se, dunque, veramente il Risorto è colui che è stato
crocifisso, allora egli vuole toccare con mano i segni di quella passione che l'ha fatto soffrire in modo indicibile.
Gesù Risorto porta i segni di quel passaggio terribile che lo ha reso “Signore” della storia: Colui che è
nella gloria è lo stesso servo che ha accettato di portare i peccati di tutti. È questo il tornante decisivo per giungere alla fede pasquale: accettare che la passione e la morte siano state il tunnel doloroso per giungere alla
gloria, lasciarsi alle spalle la sensazione amara di fallimento e di insuccesso e aprirsi all'azione di Dio che
ha pronunciato l'ultima parola sulla testimonianza del Figlio.
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