In tutte le messe lo ripetiamo, ma, forse, è proprio per questo che non consideriamo abbastanza l’espressione «Ecco agnello di Dio, colui che toglie i peccati del mondo» (Gv
1,29). In essa si concentra la testimonianza di Giovanni Battista il quale annuncia che non è il battesimo compiuto al Giordano a produrre un autentico perdono dei peccati, ma l’inconro di fede con Gesù riconosciuto come Salvatore.
E’ perciò opportuno chiedersi quale sia il significato da attribuire al verbo reso in italiano con «togliere». Esso, nella ingua originaria, ha il senso "sollevare", "assumere', "pren
dere su di sé", "togliere" e "portar via". Specialmente questi ultimi due significati, per il quarto vangelo, si incrociano fino quasi a congiungersi. In esso si parla di Gesù come pastore che dà la vita per le proprie pecore, avendo il potere di darla e di riprenderla. L'immagine antica del "buon pastore" che porta sulle spalle l'agnellino si fa più radicale. Colui che guida il gregge si trasforma in agnello; lo fa non perché vinca la morte, ma perché ci sia la vita: «Il ladro non viene se non per rubare e distruggere, io sono venuto perché abbiano a vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).
Quanto è detto all'inizio del quarto vangelo trova corrispondenza alla fine nel ripetuto rimando all'agnello pasquale sottinteso al racconto della passione. Gesù muore alla
Parasceve, cioè alla stessa ora in cui nel tempio si stava immolando l'agnello pasquale; dopo la sua morte, vi è un richiamo esplicito a questa identificazione; infatti ciò è avvenuto
perché in lui si compisse la Scrittura secondo la quale non gli deve essere spezzato alcun osso. Come si faceva con l’agnello nella cena pasquale ebraica.
Tuttavia, è anche vero che nel vangelo e nella liturgia si usa un presente "toglie" e non già un passato remoto tolse". Ciò può significare che l'Agnello è «colui che conti
nua a togliere». Tutto è già avvenuto in lui, ma è proprio grazie a quell'atto che il perdono dei peccati continua a compiersi in noi. Per questo motivo ripetiamo quelle parole ad
ogni messa prima di accostarci al suo corpo e al suo sangue.
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1,29). In essa si concentra la testimonianza di Giovanni Battista il quale annuncia che non è il battesimo compiuto al Giordano a produrre un autentico perdono dei peccati, ma l’inconro di fede con Gesù riconosciuto come Salvatore.
E’ perciò opportuno chiedersi quale sia il significato da attribuire al verbo reso in italiano con «togliere». Esso, nella ingua originaria, ha il senso "sollevare", "assumere', "pren
dere su di sé", "togliere" e "portar via". Specialmente questi ultimi due significati, per il quarto vangelo, si incrociano fino quasi a congiungersi. In esso si parla di Gesù come pastore che dà la vita per le proprie pecore, avendo il potere di darla e di riprenderla. L'immagine antica del "buon pastore" che porta sulle spalle l'agnellino si fa più radicale. Colui che guida il gregge si trasforma in agnello; lo fa non perché vinca la morte, ma perché ci sia la vita: «Il ladro non viene se non per rubare e distruggere, io sono venuto perché abbiano a vita e l'abbiano in abbondanza» (Gv 10,10).
Quanto è detto all'inizio del quarto vangelo trova corrispondenza alla fine nel ripetuto rimando all'agnello pasquale sottinteso al racconto della passione. Gesù muore alla
Parasceve, cioè alla stessa ora in cui nel tempio si stava immolando l'agnello pasquale; dopo la sua morte, vi è un richiamo esplicito a questa identificazione; infatti ciò è avvenuto
perché in lui si compisse la Scrittura secondo la quale non gli deve essere spezzato alcun osso. Come si faceva con l’agnello nella cena pasquale ebraica.
Tuttavia, è anche vero che nel vangelo e nella liturgia si usa un presente "toglie" e non già un passato remoto tolse". Ciò può significare che l'Agnello è «colui che conti
nua a togliere». Tutto è già avvenuto in lui, ma è proprio grazie a quell'atto che il perdono dei peccati continua a compiersi in noi. Per questo motivo ripetiamo quelle parole ad
ogni messa prima di accostarci al suo corpo e al suo sangue.
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