San Michele In Foro: facciata (parte 1)


Sebbene qui nel vecchio foro romano sorgesse già una chiesa nel VIII secolo, l'edificio che oggi vediamo è frutto di una ricostruzione iniziata nella seconda metà del XI e terminata con il culmine della facciata solo tardo XIV.

L'inizio dei lavori fu voluto dal vescovo di Lucca Anselmo Da Baggio, che dal 1061 divenne papa con il nome di Alessandro II e fu uno degli artefici di quel processo di riforma della chiesa che prese il nome di Riforma Gregoriana e che intendeva riportare l'istituzione ecclesiastica alla dignità dei primi anni del cristianesimo.
Questo Papa decise di rinnovare la città, non solo spiritualmente ma anche con edifici che fossero il simbolo di questo rinascita e promosse l'ampliamento e riedificazione di S. Michele, S. Alessandro e S. Martino.

Questi cantieri diffusero nella città il linguaggio romanico, lo stile architettonico che si rifaceva alla romanità, con l'intenzione di evocare l'immagine della Roma dei primi papi. Il primo livello di tutto l'edificio ne è un chiaro esempio con il paramento murario, realizzato in blocchi di calcare bianco, animato da arcate cieche rette da semi-colonne con capitelli corinzi animati da figure che poggiano su un basamento, come i podio e i colonnati degli edifici della Roma antica. In facciata le arcate cieche sono decorate da ghiere bicolori e da rombi gradonati, che rimandano a romanico pisano.

La decorazione scultorea è enfatizzata nell'elemento centrale del primo livello della facciata: il portone principale, posto dentro all'arcata più grande, con gli stipiti decorati con motivi corinzi che sorreggono un'architrave figurato, uno dei maggiori esempi della scultura della prima metà del XII secolo. Sopra di esso c'è una cornice con decorazioni a oculi e palmette di una fortissima classicità.

Al centro di una ghiera retta da due protome leonine si trova il rosone, formato da otto arcate rette da colonne. Questo elemento architettonico, che deriva dagli “occhi” delle basiliche romane del V secolo, nel XII secolo comincia a comparire al di fuori di Roma e diventa l'elemento centrale della facciate romaniche caricandosi di un importante significato simbolico: è una ruota a raggi che rappresenta il domino di Cristo sulla terra. La ruota che gira è nel medioevo associata alla Fortuna, Intelligenza angelica che opera tra gli uomini nell'ambito del progetto divino, che, infatti, nella Divina Commedia di Dante è rappresentato proprio come una ruota.

La ruota viene associata al cerchio, ovvero la linea infinita, simbolo dell'eternità e di Dio. Con il rosone la caducità del tempo degli uomini è superata dell'eternità di Dio, e dalla promessa di vita eterna: al centro di molti rosoni c'è infatti la figura di Cristo, cardine dell'universo, per mezzo de quale sono state create tutte le cose, Lui che porta a compimento il piano di salvezza rinnovando il creato con la sconfitta della morte e la promessa di vita eterna.
Mentre in molte chiese il rosone si trova in alto, qui è inserito all'interno dell'arcata del portale centrale, quindi associato a questo che è indiscutibilmente un importantissimo simbolo Cristologico visto che nel Vangelo di Giovanni Gesù stesso dice: “Io sono la porta, se uno entra attraverso di me sarà salvo”.
Sembra quasi che la decorazione scultorea della parte bassa della facciata inviti a varcare la soglia per entrare nel centro dell'universo e incontrare Cristo promessa di salvezza.


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