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DONO DI VITA

Cinquemila uomini, una sera, dalle parti di Betsaida. Sono il motivo di tutto. «Gesù prese a parlare di Dio e a guarire quanti avevano bisogno di cure». C'è tutto l'uomo in queste parole; il suo nome: creatura-che-ha bisogno. Di Dio e di cure, di pane e di Assoluto. Vi è riassunta tutta la missione di Gesù: lui è la narrazione, la parola di Dio e la guarigione della vita.
Riascoltare questo, oggi, festa del Corpus Domini, vuol dire riconoscere che noi siamo come quegli uomini e donne: abbiamo bisogno di qualcuno che si accorga di noi e della nostra famiglia, si prenda cura, guarisca la nostra vita. Vuol dire, soprattutto, comprendere che Gesù non manda via chi ha fame ed è bisognoso di cure. E, ai discepoli che chiedevano di rimandare a casa le persone affamate, replica invece con un ordine che inverte la direzione del racconto: «Date loro voi stessi da mangiare. Date».
Dio lega la nostra salvezza a un po' di pane donato, lega la sconfitta della storia al pane negato. “Non abbiamo che cinque pani e due pesci…”. La povertà, vista come ostacolo, diventa per Gesù lo spazio necessario del dono e l'elemento indispensabile affinché "il dono" non sia solo frutto della nostra efficienza ma segno della benedizione e della misericordia di Dio. La sorpresa di quella sera è che poco pane condiviso tra tutti è sufficiente ; che la fine della fame non consiste nel mangiare a sazietà, da soli, voracemente, il nostro pane, ma nel condividerlo, spartendo il poco che abbiamo, due pesci, il bicchiere d'acqua fresca, olio e vino sulle ferite, un po' di tempo e un po' di cuore.
Dal pane al corpo. La festa del Corpus Domini, offerto come pane, dice che «né a noi né a Dio è bastata la Parola. Troppa fame ha l'uomo e Dio ha dovuto dare la sua carne e il suo sangue» (Divo Barsotti). «Ecco il mio corpo» , ha detto Gesù, e non, come ci saremmo aspettati: «Ecco la mia anima, il mio pensiero, la mia divinità, ecco il meglio di me», semplicemente, poveramente: «Ecco il corpo». La legge dell'esistenza è il dono di sé.

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