CHI SI E’ FATTO PROSSIMO?
La parabola del buon samaritano è il punto culminante dell'incontro fra Gesù e un dottore della Legge. Questo studioso della Bibbia ha saputo dire con esattezza quale fosse il più grande comandamento della
legge: amare Dio con tutte le proprie forze e amare il prossimo come se stessi.
Ma, quest'uomo non è ancora soddisfatto e chiede a Gesù: "Chi è mio prossimo?". Chi è colui che devo vedere come "prossimo", cioè "vicino" alla mia vita e che, quindi, sono tenuto ad amare? Per gli ebrei, la parola "prossimo" indicava colui che apparteneva al popolo di Dio; quindi, i non ebrei o gli ebrei "eretici" (come i samaritani) non contavano niente, non erano prossimo da amare.
Gesù risponde con la parabola del buon samaritano; o, meglio, risponde con la frase che apre la parabola: "Un uomo scendeva da Gerusalemme a Gerico...". In questa situazione di sofferenza e di dolore,
l'uomo incappato nei briganti è il simbolo di ogni uomo che vive in questo mondo; è il simbolo dell'uomo che,
spesso, cade a terra a motivo del suo peccato e che, per questo, cerca qualcuno che lo aiuti a mettersi in piedi e a camminare sulla via del bene, sulla via della vita. Sulla scena ora compare colui che dà il nome alla parabola, ossia il buon samaritano. Il suo amore diventa
attenzione e premura verso una persona bisognosa di aiuto. Il buon samaritano, poi, ci dà una indicazione
preziosa sul vero amore cristiano, e ci dice che amare il prossimo significa vedere chi è in difficoltà e avere
compassione di lui. Per questo, la domanda dello scriba: "Chi è mio prossimo?", lascia ben presto il posto
alla vera domanda, quella di Gesù: "Chi si è fatto prossimo?". Chi si è fatto vicino a quell'uomo. Così è
accaduto duemila anni fa, così avviene ancora oggi, per noi: con i sacramenti, Gesù continua ad offrirci la sua
salvezza e il suo amore.