Un popolo nomade conosce bene il vocabolario della strada: percorso, via, cammino, sentiero,
itinerario. Perché questa è la sua normale condizione di vita.
Con Israele Dio si è fatto viandante e si è lasciato conoscere spianando la strada della libertà.
Ma Israele imbocca il vicolo cieco dell'infedeltà e sperimenta l'amarezza dell'esilio.
Eppure il Signore apre un nuovo cammino: egli verrà ancora a liberare e a ricondurre a casa il suo popolo.
Occorre però preparare la strada al Signore, ossia volgere a lui l'attenzione, togliere gli
ostacoli della sfiducia, della durezza di mente e di cuore: « Una voce grida: Nel deserto preparate la via al Signore”.
Giovanni Battista, nella liturgia della II domenica, è presentato come interprete vivente di
quell'invito profetico per gli uomini della sua generazione . Araldo che precorre l'imminente
venuta del Liberatore definitivo, egli esorta ad appianare ogni asperità e a disporre gli animi
all'accoglienza.
Questa voce risuona anche per noi. Essa ci ammonisce a verificare quali ostacoli opponiamo al
Signore che viene ogni giorno, quali vie tortuose abbiamo imboccato: ingiustizie, prepotenze, divisioni, menzogne, immobilismo, superficialità.
Preparare le vie al Signore è operare dentro e fuori di noi per costruire riconciliazione,
pace, fraternità, verità, amore. Chi disattende l'invito, o presume con superbia di essere ineccepibile, o non ha ancora sperimentato la forza rinnovatrice del Vangelo.
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